“MEGLIO UN ASINO VIVO CHE UN MEDICO MORTO”, così un preside siciliano di una scuola di Roma avvisò la mamma di Ada facendole capire di tenere la propria figlia a casa e la salvò da un possibile prelievo forzato da parte dei nazi-fascisti che, a seguito di meschine segnalazioni, arrestavano chi era di origini ebree.
Oggi Ada Ancona ha testimoniato quel periodo triste e cupo della sua vita ai ragazzi della scuola media della “Casa del fanciullo”, consapevole del fatto che tra un decennio si rischierà di non parlarne più di questo periodo storico realmente esistito e per tanto tempo “negato”. Ha ripercorso la sua vita, dal 1938 al 1945, e più volte, durante la testimonianza, ha ripetuto di avere pochi ricordi di un tempo vissuto nel buio della casa, senza amici e con la tristezza di aver interrotto bruscamente gli studi. Dopo anni di silenzio ha deciso di portare la propria testimonianza nelle scuole e ricordare il dolore per la perdita dei nonni paterni deportati ad Auschwitz e uccisi nelle camere a gas tra il 3 e il 6 agosto del 1944.